“La nuova scommessa di Muhammad Yunus – dopo aver ribaltato gli assunti di base del mondo dell’economia con la sua idea di microcredito – sta nel pensare un capitalismo diverso, basato su imprese che abbiano per scopo non solo il raggiungimento del profitto ma anche la ricchezza sociale: il business sociale.”
(dalla quarta di copertina di “Si può fare!” M. Yunus, serie bianca Feltrinelli)
Ecco i “sette principi che centrano le caratteristiche chiave dell’impresa con finalità sociali: (…)
1 L’obiettivo dell’azienda è il superamento della povertà o la risoluzione di uno o più problemi sociali importanti come istruzione, sanità, accesso alle tecnologie, ambiente e non la massimizzazione dei profitti
2 L’azienda deve raggiungere e mantenere l’autosufficienza economica e finanziaria
3 Gli investitori hanno diritto alla sola restituzione del capitale inizialmente investito senza alcun dividendo
4 Quando una quota di capitale viene restituita, i profitti relativi restano di proprietà dell’azienda che li impiega nell’espansione e nel miglioramento della propria attività
5 L’azienda si impegna ad adotttare una linea di condotta sostenibile dal punto di vista ambientale
6 I dipendenti dell’azienda oercepiranno salari allineati alla media di mercato e godranno condizioni di lavoro superiori alla media
7 E’ importante che tutto questo venga fatto con gioia
(Op. cit. pag 31)
A proposito della collaborazione pubblico privato, a pag 53, troviamo:
“Il business sociale vuole essere un’opzione in più per gli investitori. Nessuno viene obbligato ad aderirvi. Il suo campo d’azione è quello di un’economia libera fondata sul principio della libera scelta. (…) Il business sociale consente anche al privato cittadino di affrontare interventi normalmente considerati a a carico dello stato. Questo fa sì che il carico per lo stato risulti alleggerito e che ai suoi sforzi si integri il contributo della società civile. I governi possono collaborare con le iniziative di business sociale gestite dalla società civile e dalle imprese, date che queste iniziative non hanno per obiettivo il profitto privato e, nello stesso tempo, possono dare vita ad imprese con finalità sociali “statali”.
(…) il business sociale esalta la crescita e la sperimentazione spontanea dal basso (…) e rappresenta la presa d’atto che la responsabilità della soluzione dei problemi della società va condivisa dal governo e dai cittadini (…)
(…) Persone ricche di intelligenza, creatività e talento, possono sviluppare e introdurre innovazioni che raramente una struttura burocratica pubblica è in grado di produrre, e lo fanno senza imporre alcuna tassa.
(…) Ecco un modo di combinare l’energia e la creatività dell’impresa con la dichiarata vocazione sociale dell’intervento governativo per produrre quel livello di benefici condivisi che finora nessuno dei due settori è riuscito a raggiungere.
(op. cit, pp 54 – 55)
Il progetto windhorse, il progetto windflower, il progetto famiglialcentro possono essere portati avanti come imprese di business sociale? Noi crediamo di sì.
E siccome, sempre per citare Yunus, la raccomandazione è “cominciare dal piccolo, ma cominciare domani mattina” (Op. cit. pag 135)
…abbiamo pensato di provare a lanciare una piccola impresa di business sociale. Un progetto a termine, con un investimento molto limitato. Obiettivo: diffondere il modello windhorse in Italia, renderlo accessibile agli operatori italiani. Come? Per cominciare doppiando il film “Someone beside you” – Qualcuno accanto a te – e rivendendone le copie in edizione limitata.