Qui il punto importante è lasciar cadere qualsiasi speranza di risultato: una guarigione, un rapporto salutare, la contentezza perché il paziente comincia a riprendersi, il considerarsi un ottimo terapeuta, la gratitudine del paziente o della sua famiglia. Oppure al contrari: è un caso disperato, non succederà niente, questa terapia è inutile, sono un incapace. Tutte queste impressioni possono andare e venire perfino nel corso di un turno di tre ore. Per la condotta dell’assistenza di base nulla di tutto ciò è importante, sono pensieri ed emozioni che fanno parte del lavoro con le persone. (…)
Il lavoro con il paziente comprende progressi e peggioramenti non lo si può considerare in modo semplicistico come un trattamento che va bene o male. Non vi sono sedute buone o sedute cattive: la terapia somiglia più alle stagioni, che vanno continuamente cambiando o al matrimonio che non è mai immobile. Lasciar essere significa praticare uno spirito di adattamento senza cercare di imporre alle cose il corso che preferiamo. L’apertura di tale atteggiamento comporta uno stato di quiete mentale, detto talvolta di equanimità in cui tutto può essere accettato; è un’apertura priva di giudizi verso tutto ciò che avviene nella mente del paziente e nella propria. (…)